Enrico Martini
Che televisioni e che giornalisti abbiamo? Le TV nazionali dedicano ore al coronavirus, alluvionandoci con le statistiche aggiornate del numero dei contagiati, degli ammalati gravi, dei morti, della geografia del contagio, oltre che con i collegamenti tra studi televisivi e ospedali. Speriamo che nessuno si accorga delle morti causate dalle complicanze di una normale influenza: mamma TV si trasformerebbe in un lazzaretto per quattro mesi ogni anno! Varie sere fa, assistendo alla trasmissione “Otto e mezzo”, di Lilli Gruber, sulla 7, ho sentito Marco Travaglio contrapporre agli 11 deceduti da coronavirus nella settimana allora appena trascorsa, le 217 persone morte nello stesso periodo per aggravamenti da banale influenza (statistica a cura dell’ospedale Luigi Sacco, di Milano).
Il coronavirus responsabile dell’epidemia è di tipo influenzale ma, essendo “nuovo”, coglie impreparato il nostro sistema immunitario, per ora privo di anticorpi specifici. Conseguenza: è sufficiente un numero non particolarmente elevato di molecole del virus per farci ammalare e così pure perché altri vengano da noi contagiati: rispetto ai virus che da tempo fronteggiamo, questo aggredisce più facilmente e più facilmente infetta.
Chi è morto? Negli Stati esteri che abbiano dovuto registrare decessi (in molti dei quali la prevenzione latita), la realtà è in continua evoluzione; inutile citare statistiche: diverrebbero obsolete in un paio di giorni. In Cina sono deceduti anche medici sani, non anziani, che tuttavia, vivendo in condizioni tremende di stress, avevano pure ricevuto dosi enormi di virus. Da noi sono mancati soggetti vecchissimi e malandati o non molto anziani ma pure loro con seri problemi di salute (tumori, leucemie, immunodeficienze, cardiopatie, diabete, ipertensione, bronchiti croniche, enfisemi …). Rarissimi i casi di giovani o adulti in buona salute che si siano trovati in pericolo di vita. La maggior parte dei positivi al virus, specie se giovani, non si è ammalata: evidentemente erano tutti dotati di un fisico integro, disponevano di un ottimo corredo di anticorpi e avevano ospitato una quantità minima di molecole del virus. C’è poi chi si è ammalato ma è guarito: ben curato in ospedale (le competenze ci sono, la dedizione pure), si è costruito in fretta anticorpi nuovi di zecca, aiutato da cortisonici, vitamine, farmaci antivirali non specifici, altri rimedi e corroboranti generici, per i casi più gravi pure dalla somministrazione di ossigeno per un lungo periodo.
Certamente questa epidemia da noi (e non solo da noi) è una tragedia: nel nostro Paese i positivi al virus diventeranno decine di migliaia, gli ammalati migliaia, i deceduti saranno meno, soprattutto anziani: già ora i quattro quinti dei morti hanno più di 70 anni, un’età, comunque, in cui si dovrebbe poter aspirare a godere ancora anni di vita. Tragedia rimarrà! Tuttavia da qui a circolare con banali mascherine sul volto, indossando addirittura pesanti guanti di lattice, da qui a fare incetta di pasta, uova, latte a lunga conservazione, carne da mantenere sotto vuoto congelata, ce ne corre o ce ne dovrebbe correre!
Quanto alle mascherine, solo quelle da sala operatoria (sigla “ffp3 con filtro”) difendono dai virus. Le “ffp2” non offrono una protezione assoluta e durano appena 8 ore (fonte: dottor Massimo Minni, ospedale di Montebelluna). Quelle di normale uso in sala operatoria non bloccano i virus; le altre, che acquistiamo dal ferramenta o in un consorzio agrario, possono servire, quando sternutiamo o tossiamo, per impedire alle goccioline di saliva di raggiungere il nostro prossimo. E basta!! Quanti le impiegano ritenendole taumaturgici baluardi contro le vili e subdole molecole virali? Credo la quasi totalità di chi le indossa.
Italiani: oltre alla massa, che sta reagendo con equilibrio e compostezza, esistono anche eroi trasudanti competenza, coraggio, audacia, sprezzo del pericolo: petto in fuori, mascherina da ferramenta su bocca e naso (penetrabilissima: un’autostrada per i virus) e via, impavidi, contro il nefasto, impalpabile nemico. Omiciattoli, donnicciole? Lo nego ma un’idea l’avrei, quanto meno sul loro livello di competenza in materia: sanno che la molecola di un coronavirus misura, più o meno, 100 milionesimi di millimetro?